"Dove stiamo andando”
“Alla ricerca del tempo perduto”
Sul mio nuovo tavolino da salotto, lungo e largo quanto quanto quello della cucina, ma più basso, leggo i titoli sulle copertine degli ultimi due numeri di Rivista Studio. I due titoli, "Dove stiamo andando” e “Alla ricerca del tempo perduto”, mi tirano verso il futuro e verso il passato così come hanno fatto gli altri libri che occupano il mobile: il Diario Partigiano di Ada Gobetti in un’edizione critica per le scuole medie, La pelle di Malaparte, Noi Partigiani, una raccolta di testimonianze orali del 2020 a cura di Laura Gnocchi e Gad Lerner e La Resistenza delle donne di Tobagi, che l’anno scorso ha vinto il Premio Campiello.
Sto scrivendo nei giorni della questione Scurati e facendo zapping (i Millenial fanno zapping, quelli dopo scrollano) ho trovato il commento in cui mi sono sentita meglio rappresentata:
Non è che un libro è antifascista se è un libro sulle fosse Ardeatine
Non può essere questo, no?
Perché così diventa tutto bianco e nero
Il biancoenero è di per sé una cosa fascista.
Sono parole di Giada Biaggi, filosofa, scrittrice, stand up comedian, seguite alla premessa che serve una donna vestita bene per parlare di temi seri (e infatti indossa un Miu Miu vintage, se ho capito bene, che le ha regalato l’amica Candela Novembre: economia circolare, so us). La penso allo stesso modo, per questo non ho scelto libri sull’antifascismo, ma libri che raccontano l’Italia nel periodo del fascismo italiano in prima persona o attraverso testimonianze.
Il fascismo è un’ideologia. Per capire un’ideologia serve conoscere i fatti storici, ma non basta. Una volta messe le cose sulla linea del tempo, e in relazione tra loro, e contestualizzate in un territorio e in un periodo storico e osservate sul mappamondo, non su una carta topografica, bisogna sgrullare bene tutto e far depositare sul fondo l’ideologia. L’ideologia è la posa che rimane sul fondo, quella cosa che ci aiuta a decifrare il presente: la chiave, la semantica, il codice. Ho capito che il mio modo ideale per capire il presente è conoscere il passato. Quando leggo un libro che racconta un momento del passato il tempo diventa sincronico. Il passato e il presente si sovrappongono, non coincidono alla perfezione, ma in qualche modo si ripetono.
Vi consegno questi libri che raccontano il passato come strumenti per comprendere il presente, osservare cosa è cambiato e capire cosa, purtroppo, ancora non è cambiato abbastanza. Data la vastità dei libri sull’argomento - la Resistenza, il secondo dopoguerra - ho deciso di scegliere con razionalità e istinto. Il risultato è una selezione soggettiva, arbitraria, imperfetta, personale. Ho usato l’istinto, il gusto, il piacere: i libri che vi propongo sono libri che mi sono piaciuti, che ho amato leggere, sono quelli che sono riusciti più degli altri a soddisfare il mio desiderio di conoscere, di capire, di sapere (in quel senso scolastico di sapias, il famoso congiuntivo esortativo di Orazio). Inoltre, la mia selezione tradisce i miei gusti letterari.
Ho selezionato non diverse letture della Resistenza - c’è solo una possibile lettura della Resistenza - ma diversi modi di raccontarla, spiegarla e testimoniarla. Diversi modi di conservarne la memoria e trasferirla di generazione in generazione, e diversi generi letterari e autori da presentarvi, se già non li conoscete. I partigiani erano persone comuni e raccontano la vita straordinaria e quotidiana di persone comuni in un momento storico senza precedenti. Proprio questa compresenza di straordinarietà e quotidianità, secondo me, è la chiave per capire la storia attuale, quella che stiamo vivendo e quella a cui stiamo assistendo, proprio perché quei ragazzi e quelle ragazze, in quegli anni, erano persone come noi, persone “qualsiasi”, non capi di governo, sovrani, dittatori, ministri. Erano giovani donne e uomini che un giorno hanno deciso di combattere per la libertà di tutti e scrivere una nuova storia.
Mentre leggo questi libri il pensiero va alle guerre per la libertà di popoli e paesi vicini e lontani al nostro, alle quali assistiamo in diretta grazie ai media, ai giornali e ai social, e mi rendo conto che anche noi, in Italia intendo, abbiamo subito e combattuto una guerra per la libertà, le nostre nonne e nonni hanno potuto raccontarcela. I fascismi non nascono dal nulla, però. Per questo chiudo incollando qui le parole di Lidia Menapace, nata a Novara il 3 aprile 1924, Sottotenente per la divisione Rabellotti, nome di battaglia “Bruna”. Partigiana.
Quando adesso sento rinascere opinioni di destra estrema, "sovraniste", come le chiamano, capisco quanto sia mancata la conoscenza, il tessuto culturale che andava costruito giorno per giorno nelle scuole. Ora che segni di fascismo riaffiorano, ho paura, che non è un sentimento che mi assomiglia molto. Ho paura perché la democrazia che abbiamo costruito pare essere rimasta fragile, che possa sgretolarsi. Una democrazia fragile e anche noiosa. Io sono una che ha mangiato pane e politica da ragazzina, che ha fatto politica da adulta, che si è impegnata per le donne e per la pace. E che ha sempre seguito i dibattiti, anche i più tediosi, con grande passione. Ma da qualche mese, guardando quelli in tv la sera, mi annoio.
Questa noia significa che ciò che vedo non ha senso.
Noi, Partigiani: Memoriale della Resistenza italiana
Gad Lerner, Laura Gnocchi
Feltrinelli 2020
La Resistenza delle donne
Benedetta Tobagi
Premio Campiello 2023 Einaudi, 2022
La pelle
Curzio Malaparte
1949
Diario partigiano
Ada Gobetti
1956