Una disperata forma di posizionamento postumo

 Una disperata forma di posizionamento postumo

"La storia non può essere vissuta come una storia, perché la storia viene sempre dopo, risulta."

Ho letto questa frase di Jacopo Bedussi sul numero 58 di Rivista Studio, una rivista che nonostante le vicissitudini estetico editoriali continuo a leggere - anzi, a rinnovare l'abbonamento - perché affronta temi di estrema attualità, talmente estrema che se aspetto qualche mese a leggerla quasi scade. Ho bisogno di sentirmi nel presente, seguire la cultura mentre si forma e prende vita, analizzarla mentre avviene anche quando sembra effimera. Perché inseguire questa apparente scadenza di alcuni temi - sopratutto quelli legati al mondo digitale - è invece un modo per non perdere il filo e riuscire, prima o poi, a girarsi indietro e vedere le cose con lucidità, provare a capire, unire i puntini (va molto di moda usare questa frase, e chi sono io per farne a meno) e vedere finalmente un'immagine.

Cosa apparirà quando avremo davanti l'immagine di questa nostra era? Se chiedessimo a Karen Blixen e ad Adriana Cavarero ci risponderebbero che a raccontare la nostra storia non saremo noi, ma chi verrà dopo di noi.
"La storia non può essere vissuta come una storia, perché la storia viene sempre dopo, risulta." (Adriana Cavarero, Tu che mi guardi tu che mi racconti - Filosofia della Narrazione, Feltrinelli 2001).

Per tornare a Bedussi su Rivista Studio, alla sua riflessione sulle tendenze di Gen Z ('99 - 2010) e Alpha (2010-2025) e sulle sottoculture del passato, viste più come ritratti postumi che come vere e proprie consapevolezze "di allora", mi sento di non dissentire. Sarà perché anche io sono una "Millennial in purezza con background di piccola borghesia lombarda", concordo sul fatto che i giovani di oggi sono consapevoli della caducità dei trend, sanno di doverli vivere velocemente e hanno già tutti gli strumenti per l'operazione nostalgia (anche con autoironia, quella caratteristica che per me è conditio sine qua non della vita in generale), anche se la distanza tra il vivere e il ricordare il vissuto si è ridotta drasticamente. Ma c'è una regola che stabilisce la distanza giusta tra l'esperienza e il ricordo dell'esperienza? Non c'è. E anche stavolta ci aiuta quel paragrafo di Bassani nel Giardino dei Finzi-Contini che citerò per sempre:

Anche io, come lei, non disponevo del gusto istintivo delle cose che caratterizza la gente normale. Lo intuiva benissimo: per me, non meno che per lei, più del presente conava il passato, più il possesso che il ricordarsene. Di fronte alla memoria, ogni possesso non può apparire che delusivo, banale, insufficiente...
La mia ansia che il presente diventasse "subito" passato perché potessi amarlo e vagheggiarlo a mio agio era anche sua., tale e quale.
Il "nostro" vizio, questo: d'andare avanti con le teste sempre rivolte al'indietro. Non era così? Fine di questa intro. Una selezione che ha senso.

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Sapete quali sono i ricami più acquistati in questi giorni? Questi che vedete di seguito: Mama (credo con la complicità di Clio Bargellini che l'ha indossata qualche giorno fa e del fatto che ci avviciniamo alla seconda domenica di maggio), e Mon coeur.

Posso dire? Due delle mie preferite, due che stanno anche nel mio cassetto. Stringiamoci la mano amiche.

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Consigli non richiesti.

Aggiungo due suggerimenti di cose che mi piacciono e se siamo allineate come lo siamo con i ricami con il filo rosso potrebbero piacere anche a voi. Se non vi piacciono invece, non fate che ve li sparate a forza: non ve l'ha certo ordinato il medico di finire un libro che non fa per voi o ascoltare un brano o un podcast che vi annoia. Io non lo faccio, il tempo è prezioso.

- In questo periodo ho avuto una crush per questo pezzo suggerito settimane fa da Matteo Bordone, Fosforo, e si trova nell'album "Tienimi la mano, diva" (adoro questo titolo) di Gabriele Mencacci/Amalfitano. Mi piace assai nonostante - e qui pronte a cliccare su annulla iscrizione, perché sto per scrivere una bestemmia per molte di voi, credo - io non sia una fan dei Baustelle (Bianconi canta nel pezzo e ha prodotto il disco insieme Ivan Rossi per l’etichetta Logo Records.).
Eh sì, non sono fan per vari motivi molto soggettivi e opinabili, il principale è che i Baustelle piacevano troppo a un mio pseudo ex troppo introspettivo. In Fosforo ci sono i violini, credo che sia stato quello a farmici fissare. O la sua voce che cresce senza urlare.
O questi versi:

E ogni volta che ti esplode un sorriso è come il fosforo
Che mi brucia la pelle e arriva nella pancia
E poi mi abbaglia e tu lo sai che lo fai, però non ti basta
E poi ricade come di rimbalzo dentro a questa stanza
In questa strana situazione nel centro di una Roma stanca 

- Secondo suggerimento, l'abbonamento a Rivista Studio: se la tirano ma vi piacerà moltissimo se vi piace sguazzare nel presente. Buona domenica amiche, io vado a preparare un sughetto con i pachino per pranzo, con calma.

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